1.Nome, cognome, ruolo.
Katia Vecchiato, Senior Manager (Junior Partner in SASPI-Fieldfisher)
2. Quali sono le supereroine a cui ti sei ispirata/ a cui ti ispiri?
Crescendo devo dire che non molte donne (nella storia, nelle scienze, nella letteratura) sono apparse con forza come modelli di ispirazione soprattutto in ambito professionale. I miei primissimi modelli femminili – fondamentali – sono stati mia madre e mia nonna che mi hanno trasmesso il senso della dedizione, della resistenza, della capacità di andare avanti nonostante le difficoltà. Ma non basta questo a sostenere le ambizioni delle giovani donne che non si vedono per forza esclusivamente al fianco di un uomo. Per questo sono state fondamentali innumerevoli e varie figure di donne, soprattutto nella letteratura, che mi hanno fornito il loro punto di vista sul mondo e mi hanno fatto capire che la strada non è facile, ma che le donne hanno comunque una loro voce che merita di essere ascoltata. Tra queste ricordo con particolare trasporto Marguerite Yourcenar e Milena Milani, con il suo scandaloso “La ragazza di nome Giulio”.
Anche oggi, non c’è una sola voce; ma cerco in ogni caso di farmi ispirare da quelle donne che hanno saputo raggiungere obiettivi senza perdere quelle qualità che le distinguono dagli uomini (o dalle qualità che la società ritiene che un uomo debba avere).
3. Puoi raccontarci la tua esperienza come donna nel settore della protezione dei dati e delle nuove tecnologie (di seguito “settore”)?
L’avvicinamento a questo settore è avvenuto quasi per caso, ormai più di 15 anni fa, quando la privacy era una specie di sport d’elite. Solo poche realtà industriali, per lo più con una vocazione internazionale e una particolare sensibilità al concetto di immagine, avevano colto la potenzialità e l’importanza di un corretto trattamento dei dati (ed erano quindi anche disposti ad investire nella materia). Per gli altri – la maggioranza – la privacy era nella migliore delle ipotesi una frase di stile da inserire in fondo ad un CV oppure la coda all’ufficio postale per farsi dare “data certa” al mai rimpianto Documento Programmatico sulla Sicurezza. In tutti i casi, una seccatura. Solo con il tempo, e solo con il GDPR, la privacy è davvero diventata importante e anche per noi dal 2016 in poi non è più stata un mero passatempo. Dall’entrata in vigore del GDPR lavoriamo full time solo nell’ambito della privacy, in una cavalcata che non si è più arrestata. La strettissima correlazione tra la data protection e l’innovazione tecnologica è tale si percepisce quotidianamente l’evoluzione della materia. Questo è il vero aspetto entusiasmante della privacy, che la rende sempre attuale e sempre in divenire.
4. Come vedi il ruolo delle donne nel settore?
Nel nostro lavoro non mancano davvero i contatti con le donne che sia dal lato consulenziale sia da quello dei clienti sono sempre molto presenti in questo settore. Devo tuttavia riconoscere che se dal lato di noi legali la quota femminile è abbastanza rappresentate, non si può dire altrettanto del personale dei dipartimenti IT delle società con cui lavoriamo. Questo settore è molto spesso a quasi esclusivo appannaggio maschile e davvero molto raramente mi è capitato di vedere donne a capo di questo dipartimento. Il tema delle discipline STEM e le donne è ahimè noto. Non resta che sperare nelle nuove generazioni e continuare (o cominciare in alcuni casi) ad infondere sicurezza nelle ragazze e nelle lore capacità.
5. Qual è il valore della diversità nella leadership?
Credo sia un tema complesso e che richiederebbe competenze diverse da quelle che possiedo io. La leadership forse non dovrebbe necessariamente essere influenzata dalla diversità. Anzi, vorrei dire che nella misura in cui la leadership è un attributo che si rileva nell’ambito lavorativo, la diversità dovrebbe influenzarla. Per come la vedo in questo momento – e rischiando di banalizzare un tema molto importante – un leader non dovrebbe essere influenzato nel rapporto con le persone dalle caratteristiche proprie o di queste ultime che siano irrilevanti per lavoro. Un conto è l’inclusività, nel senso di evitare ogni possibile pregiudizio in ingresso in ogni circostanza, un conto è la gestione delle persone nel contesto lavorativo, dove ogni qualità, attributo personali che siano privati, dovrebbero rimanere tali. Con questo non penso che una donna sia per forza migliore di un uomo come leader, per il solo fatto di essere donna.
6. Ritieni che ci sia una gender gap nel settore? Hai mai dovuto affrontare stereotipi di genere o pregiudizi durante il tuo lavoro?
Ho avuto la fortuna di lavorare sempre con molte donne, in questo settore. Se devo pensare ad un gap, lo vedo certamente nella percezione che certi uomini (non tutti per carità) hanno delle professioniste. Mi riferisco a situazioni che spesso si verificano con i referenti delle società con cui lavoriamo, soprattutto nelle aree IT, coerentemente con quanto evidenziavo prima. E’ una sciocchezza, ma spesso le sciocchezze nascondono consuetudini che nascondono pregiudizi che si sono fatti sistemici. Spesso capita che queste persone si appellino al collega maschio chiamandolo “Avvocato”, tuttavia quando invece si rivolgono alla consulenta donna, questa diventa improvvisamente e inspiegabilmente “Dottoressa” come se la donna, diversamente dal maschio che evidentemente sfoggia qualche attributo fisico per cui subito lo si riconosce come membro dell’ordine forense, dovesse andarsene in giro con la toga, magari un martelletto, una parrucca, per poter essere considerata un avvocato. In assenza, è una dottoressa, che comunque è sempre qualcosa in più di “Signorina”.
7. Come può l’empowerment femminile influenzare positivamente il settore?
Di nuovo, non sono sicura che le donne – come genere – possano per forza avere qualcosa di più di offrire rispetto agli uomini. Non sono nemmeno del tutto sicura che siano in grado di offrire qualcosa di “diverso”, soprattutto ora che, mentre questo gap di genere forse un po’ si riduce, lo fa forse perché le donne in molti casi avvicinano il proprio modo di lavorare a quello degli uomini. E poi dovremmo chiederci cosa rende le donne “donne” e com’è che essendo donne sono diverse dagli uomini. Onestamente è una domanda a cui personalmente, in questo momento, non saprei rispondere con certezza. Tuttavia trovo che sia una domanda davvero molto importante, che ciascuna di noi dovrebbe porsi costantemente: Come posso io influenzare il settore in cui lavoro?
8. Quali iniziative ritieni essere utili per aumentare la partecipazione delle donne nel settore? Pensi che la data protection e le nuove tecnologie possano essere utilizzate a questo fine?
Credo che iniziative come queste di “Privacy She Leader” siano molto interessanti. Penso che fare rete sia uno strumento molto efficace prima di tutto per creare consapevolezza, senza la quale poco altro è possibile, e poi per diffondere pensieri, opinioni, idee.
Quando penso alla privacy e a come sia possibile farne comprendere l’importanza all’interno di un’azienda, penso sempre che il primo punto, la cosa più importante è creare una “cultura della privacy”. Solo con questa “cultura” è possibile comprendere i benefici della tutela della privacy, l’importanza dei diritti che vengono riconosciuti. Allo stesso modo, anche attraverso i mezzi sempre più pervasivi che adesso abbiamo a disposizione, bisogna fare cultura del rispetto di genere. Non sarà mai un nuovo reato, una nuova sanzione, un nuovo divieto a fare sì che certa parte della nostra società smetta di considerare le donne come qualcosa di inferiore. Sarà solo la cultura, trasmessa fin da piccoli a ragazzi e ragazze, che potrà cambiare le cose.
9. Quali consigli daresti alle giovani donne che vogliono intraprendere una carriera nel settore?
Consiglierei di leggere il GDPR, compresi tutti i suoi considerando, con occhi limpidi e senza la sovrastruttura dei commentatori, delle linee guida, dei provvedimenti. Consiglierei di leggerlo per capirne i delicati e preziosi ragionamenti e principi che ne sono la base. Il GPDR resta, a distanza di 5 anni, un testo ambizioso, portatore di una visione che piano piano ha plasmato il mondo anche se di poco. Consiglierei di riflettere su quei principi perché sono quelli che rendono questo lavoro affascinante, sempre attuale e, se vogliamo, anche eticamente impegnato. In fondo in GDPR si prefigge di tutelare, in primo luogo, le persone.