1.Nome, cognome, ruolo.
Alessia Allegri, Data Protection Officer presso Vorwerk Italia s.a.s. di VMI s.r.l.
- Quali sono le supereroine a cui ti sei ispirata/ a cui ti ispiri?
Se l’ispirazione è di carattere professionale, direi che in questo ho avuto un’evoluzione.
Fino alla piena maturità, ossia i magici 40, mi ispiravo a Lady Oscar, grande icona manga della mia generazione: denti stretti, passo pesante, abrasiva ed affilata anche nella sua attrattiva.
Oggi mi lascio ispirare assai di più da Miss Marple, la paredra di Poirot nei gialli di Agatha Christie – e, si badi bene, concordo con il concetto di “divinità minore”, molto meno col valore subalterno della minorità: Francesco d’Assisi docet – et Clara quoque.
È abbastanza paradossale che la delicata, ladylike ed anziana signorina di St. Mary Mead abbia a prevalere sulla giovane, bellissima e brillante guerriera di Versailles: entrambe nubili, entrambe azzurre d’occhio – e, per tutto il resto, la seconda appare munita di assai più risorse rispetto alla prima.
Ma sempre la seconda, appunto: preda di un ideale irraggiungibile, condizionata ad un paradigma, ed in quanto tale sempre in qualche modo menomata, incapace di esprimere pienamente il proprio potenziale.
Miss Marple, invece, perfettamente centrata ed equilibrata nella sua argentea ed apparentemente fragile vecchiaia; netta d’identità, poco disponibile a farsela cantare, ed alquanto propensa a pensare sempre il peggio: l’antitesi dell’idealismo, l’apoteosi della concretezza.
Il fatto è che la verità non ammette mentite spoglie, merita sempre di essere riconosciuta e, per amara che sia, è sempre destinata ad essere riconosciuta ed ammessa a far parte del tessuto dell’esistenza (quote).
Verità, sostantivo femminile. - Puoi raccontarci la tua esperienza come donna nel settore della protezione dei dati e delle nuove tecnologie (di seguito “settore”)?
Mi è abbastanza difficile raccontare la mia esperienza “come donna” nel settore e, più in generale, dal punto di vista professionale: il fatto è che, pur frequentando e dialogando con alcuni contesti monogenere, alcuni dei quali prettamente maschili – es.: comunità religiose – non ho mai provato ad essere un uomo!
Vero è che nel settore c’è forse ancora una prevalenza maschile, ma in effetti una proporzione di uno a tre non è poi così scarsa e, in base alla mia esperienza, vedo tanta luce propria emanare da quel terzo. - Come vedi il ruolo delle donne nel settore?
Mi è difficile valutarlo in quanto tale: dipende dalla donna in questione.
Per citare un altro personaggio di Agatha Christie, Dr. Sarah King di Appointment with death: “Scusatemi, ma non sopporto questa differenziazione fra i sessi. La ragazza moderna ha un atteggiamento profondamente pratico e positivo nei confronti della vita. E roba simile. Non è per niente vero! Ci sono ragazze pratiche, ed altre che non lo sono affatto. Ci sono uomini sentimentali e confusionari, ed altri che hanno un sacco di logica ed una limpida intelligenza! Ci sono soltanto tipi differenti di cervelli (…)”.
Questa cosa non è che io la creda davvero – anzi, devo dire che, in generale, non la credo affatto; dal punto di vista professionale, tuttavia, un po’ sì. - Qual è il valore della diversità nella leadership?
La diversità è sempre un valore: solo la diversità è generativa.
Vorrei però allargarne il concetto al di là della questione di genere: è inutile stracciarsi le vesti su questo specifico aspetto, se poi si considera con orrore un pensiero non ottemperante, o anche appena divergente, rispetto a quello corrente.
- Ritieni che ci sia una gender gap nel settore? Hai mai dovuto affrontare stereotipi di genere o pregiudizi durante il tuo lavoro?
Se c’è una gender gap, devo dire che faccio fatica ad individuarla, ma sono ben lungi dall’escluderla: è molto probabile che si tratti di una mia percezione e che, ormai giunta alla piena maturità, professionalmente parlando, se anche c’è non mi tocca né mi pesa.
Sicuramente in altri momenti della mia vita lavorativa avrei risposto diversamente, e magari sfoderato una mia personale antologia di episodi.
Penso anche che l’ambiente aziendale che vivo non sia tale da favorire questo tipo di situazioni, visto che il nostro Board è molto equilibrato come composizione – se c’è una prevalenza, in genere è femminile -, e lo stesso può dirsi per la componente manageriale. E posso affermare che si tratta di un’impostazione vera e propria, non di un allineamento dell’ultima ora ad una “moda”: la vivo da parecchi anni.
Con questo non affermo di non aver mai dovuto affrontare pregiudizi: è capitato, e capita tuttora in diversi contesti, ma mi pare che il fenomeno si verifichi non tanto per questioni di genere, bensì per altri aspetti della mia o altrui identità – condizioni personali, convinzioni di diversa natura.
Sarà anche che a quest’ultimo tipo di situazioni tendo ad essere maggiormente sensibile – e tanto più se ne sono testimone piuttosto che oggetto ma, anche qui, gli episodi più épatant si sono verificati al di fuori del contesto lavorativo, per lo meno di quello attuale. - Come può l’empowerment femminile influenzare positivamente il settore?
Riprendo Dr. Sarah King che, nel medesimo contesto, rispondeva così a chi si compiaceva di vedere “che le donne sono capaci di fare qualcosa”:
“Non sono d’accordo. Io trovo molto simpatico che qualsiasi essere umano sia capace di realizzare qualcosa di buono e degno. Non ha nessuna importanza che si tratti di un uomo o di una donna. Perché dovrebbe averne?” - Quali iniziative ritieni essere utili per aumentare la partecipazione delle donne nel settore? Pensi che la data protection e le nuove tecnologie possano essere utilizzate a questo fine?
Sicuramente sì, come qualunque altra branca del sapere, e tanto più un settore in così vivace evoluzione.
Non mi vengono in mente iniziative specifiche, se non un potenziamento della cultura e della consapevolezza in materia, il terreno fertile affinché ciascuna e ciascuno possa esprimere e valorizzare i propri talenti, connaturati od acquisiti che siano. - Quali consigli daresti alle giovani donne che vogliono intraprendere una carriera nel settore?
Consapevolezza, innanzitutto, e responsabilità.
Per il resto, non mi sembra il caso di proporre ad una giovane donna Miss Marple quale fonte d’ispirazione, per cui mi limiterei a consigliare alle giovani di non essere Lady Oscar, di non lasciarsi imprigionare in un personaggio, di non permettersi di essere condizionate da un paradigma, per smagliante che sia.
E, se proprio devono, che almeno sia un paradigma scelto da loro stesse.