- Nome, cognome, ruolo.
Miriam Andrea Fadda, Associate @ ICTLC ed Head of Legal @ SpeedLegal
- Potresti condividere con noi le tappe principali che hanno segnato il tuo percorso fino a diventare professionista nel campo della protezione dei dati e delle nuove tecnologie (“settore”)?
Tutto è nato dalla mia passione per la tecnologia che ricordo avere fin da quando ero molto piccola. Ho sempre voluto sapere come funzionavano le cose che “non si vedevano” nascoste oltre l’apparenza, soprattutto quelle complicate come i computer. Ricordo pomeriggi interi passati a guardare mio padre che smontava e rimontava pc, spiegandomene il funzionamento. Poi dai computer siamo passati ai software.
Facendo un enorme balzo in avanti ed arrivando all’università, la prima “illuminazione” l’ho avuta durante il corso di informatica giuridica che mi fatto capire che la commistione tra diritto e nuove tecnologie poteva essere un ambito a me molto affine. Subito dopo l’università, però, ho seguito il “classico” percorso da praticante, un po’ lasciando da parte questa consapevolezza per raggiungerne un’altra, a ridosso dell’esame di stato: non volevo fare l’avvocato “normale”, occupandomi di tutto un po’ e passando la vita tra le mura dei tribunali. Così sono passata ad una delle Big Four, dove mi sono avvicinata a temi più tecnologici ed innovativi, tra cui anche la data protection, ed ho iniziato a capire (o meglio, a ricordare) che quella poteva essere la mia strada. Ho cominciato ad approfondire, leggendo ed informandomi quanto più possibile ed ho ritrovato quella passione per ciò che metteva insieme diritto e tecnologia. Essendo uno spirito libero, però, mi sono ritrovata nuovamente a cambiare rotta e ad approdare nel mondo della consulenza, ai miei occhi più libero, in ICTLC. Mi è bastato poco, poi, per diventare assolutamente sicura che questa è la strada che fa per me.
Infine, pochi mesi fa ho accettato la posizione da Head of Legal in SpeedLegal, una startup che si occupa di revisione contrattuale attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale e posso dire, senza timore di smentita, che questo traguardo mi ha fatto capire di aver fatto la scelta giusta e di aver trovato il mio “mondo professionale”.
- Quali sfide pensi che le giovani professioniste debbano affrontare oggi nel settore, e come le hai superate e/o le stai superando?
La più grande sfida credo sia superare i preconcetti di genere, quei bias che la società ancora non è riuscita a scardinare e che si ripercuotono sulla vita professionale delle donne.
Come superarli? Con la passione di chi vuole dimostrare che si è professioniste al di là per proprio sesso, che si è professioniste perché si è appassionate ad un ambito che porta con sé infinte sfide e che si è professioniste perché lo studio e l’approfondimento è una costante immancabile della propria vita professionale. O almeno, è quello che provo a fare. Essere consulenti in un settore così dinamico come la protezione dei dati ed il diritto delle nuove tecnologie non conosce noia, è dinamico, mutevole e ricco di costanti stimoli.
Perché permettere a dei preconcetti precostituiti di toglierci la passione, il divertimento, la possibilità di metterci alla prova in un lavoro che ci piace?
- Quali cambiamenti ti piacerebbe vedere nel settore per facilitare l’ingresso e il successo di altre giovani donne?
Vorrei vedere selezioni veramente basate sulla competenza, sulle attitudini e non influenzate dalle potenziali scelte che una donna, nella sua vita, potrebbe scegliere di compiere (come mettere al mondo un figlio, sposarsi o al contrario decidere di non percorrere nessuna di queste strade). Idealmente, non ci dovrebbe essere nemmeno bisogno delle “quote rosa” in azienda, perché un professionista dovrebbe essere scelto e poi giudicato sulla base delle proprie competenze, della qualità del proprio lavoro, della soddisfazione dei propri clienti e non del proprio sesso e delle potenziali eventualità che ciò comporta.
- Hai dei modelli o mentor femminili all’interno del settore? Se sì, in che modo hanno influenzato la tua carriera?
Non ho una persona specifica da citare, ma tutte quelle ragazze che tentennano nel fare il primo passo verso una particolare professione solo perché “quello è un lavoro da uomini” (che si tratti del diventare consulente in ambito privacy o un vigile del fuoco, poco importa). È un concetto che mi ha sempre fatta imbestialire, perché non credo che esista “un lavoro da uomini” solo perché la maggior parte dei soggetti che lo eseguono sono di genere maschile.
Mi è anche stato detto, più volte: la consulenza è un lavoro da uomini. E allora?
Forse questa è stata la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso e mi ha spinta a provarci con tutta me stessa. Per tutte quelle giovani che, invece, sono rimaste bloccate dalla paura. Adesso studio, approfondisco, cerco nuovi spunti ogni giorno per dimostrare che non è “lavoro da uomini”, ma che è un lavoro, punto. E che posso raggiungere degli ottimi risultati.
- Quali strategie ritieni che le aziende dovrebbero adottare per valorizzare e promuovere i talenti femminili?
Innanzitutto, dare alle giovani professioniste la possibilità di provare, di sperimentare, di mettersi in gioco, anche partendo da livelli junior. Aprire loro le porte per dargli la possibilità di capire se questo settore così complicato ma anche così interessante possa diventare una passione ed una professione. Senza preoccuparsi, a priori, del fatto che potenzialmente potrebbero decidere di mettere al mondo un figlio o di sposarsi o chissà che altro.
- Qual è stato il momento più gratificante della tua carriera finora e come ha influenzato i tuoi obiettivi futuri?
Difficile sceglierne solo uno. Sicuramente entrare in una boutique lawfirm come ICTLC è stata una pietra miliare nella mia carriera, perché il livello di competenza che viene richiesto è altissimo ed è una sfida continua stare al passo, dimostrarsi all’altezza non solo dei colleghi, ma anche delle richieste, sempre più complesse, dei clienti.
Poi non posso non menzionare l’essere diventata Head of Legal di una startup ambiziosa, che corre velocissima verso il successo.
Ricordo che quando ho presentato la mia candidatura per entrambe queste posizioni, prima di premere invio, ho tentennato un attimo, non del tutto sicura di essere all’altezza. Poi mi sono ricordata che, come si suol dire, la fortuna aiuta gli audaci e che comunque avevo tutte le carte in regola per potercela fare. D’altronde, dipendeva tutto da me. E ci sono riuscita. “I’ve got the job”, non una ma ben due volte e non potrei esserne più orgogliosa.
- Quali risorse o iniziative consiglieresti a quelle che stanno iniziando la loro carriera in questo settore?
Parlate con altre professioniste, fatevi raccontate il loro percorso, cercate di capire cosa le ha rese professioniste di successo. Credo che non ci sia niente di più forte di un gruppo di donne che lavorano insieme, si supportano e si sostengono a vicenda, soprattutto quando arrivano da esperienza, ma anche da generazioni diverse e che la vita ha decisione di mettere su uno stesso sentiero (o ufficio, perché no).
- C’è un consiglio pratico o una lezione che hai imparato e che ritieni essenziale per chi si affaccia ora nel settore?
Osate, osate sempre, anche quando vi sembra di essere un pesce fuor d’acqua, quando tutti vi dicono di non farlo o vi dicono che sarà tutto più difficile solo perché siete donne. Usate la vostra passione come propulsore e vedrete che vi porterà lontano. Cercate spunti, consigli, cercate di capire come funziona il mondo che vi interessa. Cercate una chiave di lettura che vada oltre al genere. Non sempre sarà una passeggiata, ma saranno proprio i momenti di difficoltà a temprare il carattere ed a farvi capire se quello su cui siete è il sentiero giusto.